domenica 30 giugno 2013

Segretezza del voto e libertà d'opinione

Di recente Gianroberto Casaleggio ha rilasciato un'intervista sul Corriere delle Sera; ho appreso ciò da il Fatto Quotidiano. L'intervista è stata poi riportata sul blog di Grillo: “La democrazia va rifondata”.

In una delle risposte Casaleggio elenca alcune tra le più immediate modifiche da apportare alla Costituzione per potersi avvicinare alla democrazia del futuro inserendo degli strumenti di democrazia diretta. Una di queste modifiche è l'abolizione del voto segreto.

(Nell'intervista non è chiaro se intende solo all'interno del Parlamento, come forse è più probabile, o se alle urne. Di seguito prendiamo per buona quest'ultima ipotesi “estrema”).


Le reazioni (estratte dai commenti al Fatto) di alcuni commentatori a questa idea sono di stupore raccapricciato, terror sacro, sconcertata incredulità, incredulo sconcerto e via dicendo (lasciatemi qualche volo verbale senza farmi notare che è malriuscito, grazie).

Evito di riportare gli esempi, piuttosto divertenti negli aspetti espressivi che somigliano a quelli delle vecchine schifate dai giovinastri che si sbaciucchiano su una panchina. Non  lo evito per pudore, ma solo per pigrizia: dovrei andarli a ritrovare per poterli riportare fedelmente e sarebbe poi necessario un minimo di contesto e ciò renderebbe il post ancor più lungo… La mia prolissità basta e avanza.

Capisco perfettamente, quando esposte in modo ragionevole, le motivazioni e le idee sottostanti la segretezza del voto. Non apprezzo invece che sia dato come dogma culturale inattaccabile e intoccabile, perché non lo è. Accettare le cose per atto di fede,  e dunque portarle lontane, in uno spazio dove non è possibile metterle in discussione e ragionarci su, è sempre una manifestazione di ottusaggine (molto utile, in altri contesti, alla conservazione dello status quo).

Per quanto mi riguarda l'abolizione della segretezza del voto non è una eresia, e la sua messa in discussione non è tabù.

Non deve essere un'eresia nemmeno constatare che la Costituzione ha i suoi anni, che potrebbe non essere più adeguata per le nuove esigenze e sfide della modernità, e comunque che essendo scritta da uomini (di altri tempi) non è possibile che sia perfetta; quindi è inaccettabile che sia considerata intoccabile a priori. (Quell'a priori è cruciale, non dovrebbe servire specificarlo, ma meglio non darlo per scontato).

Veniamo al dunque di questo post ovvero far vacillare un pochino (non dico tanto) le certezze di chi si scandalizza al sol osar parlar di abolizione della segretezza del voto.

Si può essere discriminati per le opinioni che si esprimono. Esaltare la libertà d'opinione vuol dire insegnare che si deve punire chi la minaccia, vuol dire che esiste un insieme di circostanze che la società deve imparare a riconoscere e punire (vis legis) per tutelare un diritto garantito, quello di poter esprimere liberamente i propri pensieri, le proprie idee, senza per questo incorrere in forme di discriminazione. La legge stabilisce il limite di tale libertà, ma questo è un dettaglio a cui non siamo interessati.

C'è un altro modo per tutelera quella libertà: renderla segreta. Basta evitare argomenti controversi e rimanere al sicuro su terreni asettici. Se l'opinione che può generare discriminazione è assolutamente segreta (rimane cioè confinata nel mio cervello), non corriamo alcun pericolo. In alternativa c'è una possibilità concreta più interessante: l'anonimato.

Quindi possiamo esprimerci su argomenti anche estremamente controversi senza paura che le opinioni espresse vengano collegate a noi e usate contro di noi.

Se queste forme di discriminazione sono un problema per la società, questo problema può essere risolto obbligando la segretezza dell'opinione, nel senso su definito: una opinione è segreta quando è espressa nel completo anonimato, in modo da non essere collegabile a chi la esprime. Ci sono diversi modi per realizzare ciò. Oggi con le tecnologie digitali è anche più facile immaginare come sia possibile.

Quindi per legge le opinioni devono essere espresse nel completo anonimato e questo è il modo in cui lo Stato tutela il nostro diritto e ci protegge dalla possibilità che qualcuno usi tali opinioni contro di noi.

Naturalmente violare questa legge non costituisce reato: rimaniamo liberi di esprimere non ufficialmente la nostra opinione in una forma non anonima, pubblica, non segreta. Nessuno potrà mai sapere se l'opinione che dichiariamo è effettivamente quella espressa ufficialmente nella dichiarazione anonima. Ma tant'è, ci siamo scoperti e tanto basta per poterci rendere vittime di qualche tipo di discriminazione, ci siamo esposti al rischio di subire pressioni, minacce e via dicendo, per via delle opinioni che abbiamo deciso di pubblicare in forma non anonima.

A questo punto dovrebbe essere chiaro dove voglio arrivare e come abbia cercato di annullare la distinzione tra l'esprimere un'opinione in senso generico e votare, ovvero esprimere una “opinione politica” ufficiale.

Ci sono delle facili obiezioni che lascio alle menti più acute; ma la piccola bruttura che volevo evidenziare dovrebbe essersi a questo punto manifestata.

In un caso si difende il cittadino dai rischi in cui incorre quando esprime liberamente le sue opinioni insegnando il valore della libertà d'opinione, ribadendo fermamente e orgogliosamente il diritto a tale libertà, creando una cultura su questa libertà tale da educare i cittadini a pretenderla per sé e garantirla agli altri punendo (tramite il pubblico biasimo, per indurre vergona, paura di essere emarginati per via del comportamento antisociale, o legalmente ove possibile) chi la violi. Tanto più la “pressione sociale” isola chi viola tale diritto, tanto più il cittadino si sentirà sicuro e libero di poter esprimere le sue opinioni senza paure, e si potrà far persino scudo con tale diritto quando esprima opinioni che vanno contro una qualche morale condivisa.

Nell'altro caso invece abbiamo il modo più vigliacco e debole di tutelare in fin dei conti lo stesso diritto. Usare come difesa la segretezza del voto è come dire che lo Stato e la società sono inermi, non possono fare nulla per proteggere il cittadino dalle conseguenze di aver espresso in forma non anonima una opinione politica (un voto). Insegnare acriticamente la necessità della segretezza del voto mina la consapevolezza dell'importanza del diritto alla libertà d'espressione (quale che sia) trasferendo tale importanza a uno “strumento“, quello della segretezza, che poi viene assorbito come diritto: il diritto alla segretezza del voto appunto. Ma in realtà è solo uno strumento con cui si tenta di tutelare un diritto ben più fondamentale e già ritenuto inviolabile.

Le conseguenze della non segretezza del voto, poi, quali sarebbero? Che un qualcuno ci imponga di votare X e che poi possa controllare se l'abbiamo fatto o no e applicare ritorsioni in caso contrario? In realtà questo scenario è possibile anche con il voto segreto per cui lo strumento si rivela pure inadeguato agli obiettivi che si prefigge.

Per concludere, in breve, pensare al voto non segreto non è un'eresia e in una società più matura sarà considerato sano e normale come oggi lo è esprimere una opinione anche controversa, un fatto che secoli fa poteva essere notevolmente pericoloso e che oggi, invece, è tutelato dalla legge, dalla cultura, dalla società civile.

Note finali aggiunte

In quest'altro articolo più recente è chiaro che il voto palese di cui parla Casaleggio non è quello “nazionale” ma quello degli eletti nello svolgimento delle loro funzioni. Tuttavia aver considerato il caso più “estremo” e controverso è servito allo scopo dell'articolo.

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