Nell’immagine1 di sopra vediamo Muhammad al-Julani (la traslitterazione può variare, specie in inglese: Joolani, Jawlani, …), nel 2016 leader di Jabhat Fatḥ al-Shām, cioè in pratica del fronte al-Nuṣra, organizzazione terroristica affiliata ad al-Qāʿida e operante in Siria, poi fusasi nel 2017, insieme ad altri gruppi, in un’altra entità dedita al terrorismo, Hay’at Tahrir al-Sham (HTS).
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domenica 28 settembre 2025
martedì 17 dicembre 2024
[📣] Israele si “prende” il Golan, la Svezia prepara le tombe - Dietro il Sipario
Cabras:
[…] le guerre non sono dei funghi che spuntano nella notte, non sono degli eventi improvvisi. Lo sono per molti milioni di persone che si informano soltanto con il mainstream e che quindi si trovano di fronte alla realtà della guerra all'ultimo momento e allora dicono: come è potuto accadere? cosa è successo?
Le guerre si preparano nel tempo, negli anni. È un lungo lavoro di preparazione nei confronti dell'opinione pubblica con azioni che apparentemente sono anche insensate. Questa cosa delle tombe da preparare […] è un modo per preparare l'opinione pubblica, gradualmente, a un clima in cui deve considerare i russi come nemici che inevitabilmente, prima o poi, causeranno molti morti nella popolazione. Quindi devi già pensarli in quella chiave in cui quelli sono il tuo nemico, quelli che ti possono uccidere.
Ed è il contrario di quello che hanno fatto le democrazie o i paesi che hanno avuto una qualche aspirazione democratica per decenni, che dicevano: non bisogna avere paura, bisogna affrontare gli eventi con coraggio, con apertura e creare un clima di pace.
Adesso quello che dicono, come prima cosa, nei confronti del proprio obiettivo numero uno, che non è la Russia ma proprio il pubblico, la propria popolazione, [è]: devi avere paura. Devi assolutamente avere paura. E devi così docilmente metterti nella mani di chi governa i processi, perché sa le cose, perché si va per la guerra e ti dobbiamo proteggere.
lunedì 16 dicembre 2024
[📣] Il ritorno dei Burioni viventi - Il Controcanto - Rassegna stampa dell'11/12/2024
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domenica 15 dicembre 2024
sabato 14 dicembre 2024
venerdì 13 dicembre 2024
giovedì 12 dicembre 2024
mercoledì 11 dicembre 2024
domenica 1 settembre 2013
Quel sapor medio orientale
Spero che siano in pochi a credere nella retorica buonista che vorrebbe vendere la minaccia di attacco alla Siria come un atto necessario per far fronte a una crisi umanitaria scatenata dall'uso di armi chimiche1 con conseguente morte di un migliaio fra donne e bambini (e supponiamo anche uomini, ma fa più effetto sottolineare altre vittime).
Il premio Nobel per la pace, nonché capo della nazione più armata, militarmente progredita e belligerante del pianeta, Obama, ha in sostanza ribadito quello che osservatori intellettualmente onesti come Chomsky già hanno rivelato da tempo: gli USA si arrogano il diritto di intervenire come e quando vogliono, anche senza il consenso internazionale, se è nel loro interesse farlo.
Chiaramente sarebbe meglio farlo con l'approvazione dell'ONU, ma se non ci dovesse essere non è un problema: un modo sottile per far capire chi comanda, chi è il pezzo grosso, e quanto peso hanno le decisioni di un organo sovranazionale che non faccia gli interessi degli Stati Uniti d'America.
Pare che Obama abbia introdotto una novità però, riducendo il voto del Congresso USA a un atto formale ininfluente. Questa crisi di democrazia interna ci interessa solo nella misura in cui è indice di quanto grandi siano gli interessi delle élite: i poteri che sono dietro Obama si vogliono assicurare la massima libertà di scelta e non vogliono essere intralciati nei loro piani dai tradizionali meccanismi democratici. Probabilmente hanno valutato che il consenso interno alla guerra sarebbe stato troppo basso, al limite insufficiente, per poter finalizzare l'attacco. Ed evidentemente la possibilità di rinuciare è per loro inaccettabile.
Cosa c'è in gioco dunque?
Il premio Nobel per la pace, nonché capo della nazione più armata, militarmente progredita e belligerante del pianeta, Obama, ha in sostanza ribadito quello che osservatori intellettualmente onesti come Chomsky già hanno rivelato da tempo: gli USA si arrogano il diritto di intervenire come e quando vogliono, anche senza il consenso internazionale, se è nel loro interesse farlo.
Chiaramente sarebbe meglio farlo con l'approvazione dell'ONU, ma se non ci dovesse essere non è un problema: un modo sottile per far capire chi comanda, chi è il pezzo grosso, e quanto peso hanno le decisioni di un organo sovranazionale che non faccia gli interessi degli Stati Uniti d'America.
Pare che Obama abbia introdotto una novità però, riducendo il voto del Congresso USA a un atto formale ininfluente. Questa crisi di democrazia interna ci interessa solo nella misura in cui è indice di quanto grandi siano gli interessi delle élite: i poteri che sono dietro Obama si vogliono assicurare la massima libertà di scelta e non vogliono essere intralciati nei loro piani dai tradizionali meccanismi democratici. Probabilmente hanno valutato che il consenso interno alla guerra sarebbe stato troppo basso, al limite insufficiente, per poter finalizzare l'attacco. Ed evidentemente la possibilità di rinuciare è per loro inaccettabile.
Cosa c'è in gioco dunque?
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giovedì 22 agosto 2013
In guerra (2006)
Altro articolo-email sulla guerra, sulla pace, sulle “missioni di pace”, l'Iran, ecc. scritto il 16/09/2006.
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