mercoledì 9 aprile 2014

Arsenico e vecchi merletti

A Roma nord c'è il problema dell'arsenico (ma non quello dei vecchi merletti) e non si possono usare nemmeno i pozzi per irrigare: il rischio è quello che l'arsenico entri nella catena alimentare.



Bere arsenico non è proprio una cosa bella. L'assunzione frequente alla lunga porta ad un avvelenamento cronico (arsenicismo); «gli effetti, che possono impiegare anni a svilupparsi, a seconda del grado di esposizione, includono: lesioni alla pelle, neuropatia periferica, sintomi gastrointestinali, diabete, effetti sul sistema renale, malattie cardiovascolari e cancro»  [1]. Una delle cause è proprio il consumo di acque sotterranee ricche di arsenico inorganico, di cibo preparato con tali acque e di colture alimentari irrigate con fonti d'acqua con alte concetrazioni di arsenico.

Chissà da quanto tempo ne consumiamo e per quanto tempo ne consumeremo ancora — ma lo assumiamo anche da altre fonti, evidentemente però in dosi tali da non far scattare alcun campanello d'allarme [1].

Ormai da tempo dovremmo essere consapevoli del fatto che è tutta questione di quantità: non possiamo sfuggire a sostanze tossiche, né di origine naturale (cioè indipendenti dall'azione umana) né artificiale (cioè derivanti dall'attività umana), e basta che la legge cambi i parametri di riferimento (le tolleranze) per far diventare legale e a basso rischio qualcosa che il giorno prima sarebbe stata illegale e con rischio inaccettabile.

Nell'ordinanza si legge:
acqua con caratteristiche chimiche e batteriologiche ovvero solo batteriologiche non adatte al consumo umano a causa del superamento dei valori di parametro prescritti di cui al D.Lgs. n. 31/2001.
La concetrazione di arsenico nelle acque naturali va da 1 a 2 µg/l; le maggiori fonti giornaliere di arsenico sono il pesce (da 0.4 a 118 mg/kg sono stati trovati nei pesci destinati all'alimentazione umana) e la carne-pollame (fino a 0.44 mg/kg). Si è stimato che in media un adulto assume, tramite l'alimentazione, da 16.7 a 129 µg. «Le concentrazioni di metaboliti dell'arsenico inorganico nell'urina degli individui senza esposizione “nota” all'arsenico sono in generale inferiori a 10 µg/l in negli stati europei». [2]

I primi sintomi clinici dell'avvelenamento acuto sono dolori addominali, vomito, diarrea, dolori muscolari e debolezza, arrossamento della pelle. Le dosi letali, a seconda dei composti dell'arsenico, vanno da 1.5 mg/kg di peso corporeo a 500 mg/kg di peso corporeo. [2]

Pensando a queste forme di inquinamento mi sono venute  in mente due cose: il Deinococcus radiodurans e i nanobot.

Il deinococco compare in un articoletto su un numero di Le Scienze (n.368, aprile 1999), che mi sono ritrovato a rileggere pochissimo tempo fa. La prima frase dell'articolo è questa:
La contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee da parte di radionuclidi combinati ad altri rifiuti tossici è ormai diventata un problema planetario.
Il Deinococcus radiodurans ha l'interessante proprietà di riuscire a resistere alle radiazioni, capacità sviluppata per resistere all'essiccazione (che causa al DNA danni simili a quelli da radiazioni). La notizia è che si può ottenere un deinococco «con capacità degradative» tramite «l'inserzione permanente nel suo genoma di geni provenienti da Pseudomonas putida», un batterio che vive nel suolo ed è in grado di “demolire” «numerosi inquinanti organici».

L'idea è quella di ottenere un microrganismo capace di degradare solventi organici (come toluene e clorobenzene) in presenza di radiazioni. Per bonificare gli scarti dell'industria nucleare, per esempio; e mi sa che è in pratica l'unico esempio… Ma se ne possono immaginare altri, se non ci si lascia intimorire dal tema horror della creatura che sfugge al controllo del suo creatore.

Per chi preferisce le macchine non biologiche, in qualche altra distopia possiamo rimpiazzare i batteri con dei nanobot, che stritolano i composti tossici dell'arsenico per rederli facilmente identificabili ed eliminabili — per questo forse la buona vecchia chimica potrebbe bastare. Però i nanobot saranno molto più versatili e ci permetteranno di… sopravvivere.

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