sabato 8 marzo 2014

In caso di incendio

Propongo questo frammento estratto da «Il trionfo della borghesia (1848-1875)» di Hobsbawm. Offre, secondo me, interessanti spunti per un'interpretazione del presente.
Come tanti episodi della storia rivoluzionaria del nostro periodo [1848-1875], la Comune fu importante, più che per quel che realizzò, per quel che presagì; fu più formidabile come simbolo che come fatto. Sulla sua storia reale pesa il mito potente da essa generato sia in Francia, sia (attraverso Marx) nel movimento socialista internazionale[…]. Straordinaria, eroica, drammatica e tragica, nella dura realtà dei fatti essa fu un breve, e, nell'opinione degli osservatori più seri, condannato a priori, governo insurrezionale degli operai di una sola città, la cui più alta conquista fu d'essere veramente un governo, anche se durò meno di due mesi. […] Ma gli storici non devono cedere alla tentazione di rimpicciolirla retrospettivamente. Se non minacciò seriamente l'ordine borghese, essa lo riempì di sgomento per il solo fatto di esistere. La sua vita e la sua morte furono circondate dall'isterismo, soprattutto nella stampa internazionale che la accusò di instaurare il comunismo, di espropriare i ricchi e di metterne in comune le donne, di praticare il terrore e il massacro collettivo, di seminare l'anarchia, il caos e tutto ciò che turbava i sonni delle classi «rispettabili» — inutile dirlo, per istigazione dell'Internazionale. Più realistici, i governi sentirono il bisogno di agire contro la minaccia internazionale all'ordine e alla civiltà. […] Il terrore della rivoluzione fu un elemento determinante nella conclusione della Lega dei Tre Imperatori del 1873 (Germania, Austria, Russia), vista come una nuova Santa Alleanza «contro il radicalismo europeo che ha minacciato tutti i troni e tutte le istituzioni», malgrado il fatto che il rapido declino dell'Internazionale avesse reso meno urgente, dalla data della sua firma, un simile compito. Il punto importante in tutto questo nervosismo è che il vero oggetto della paura dei governi non fu la rivoluzione sociale in genere, ma la rivoluzione proletaria. 
In realtà, la Comune fu un'insurrezione di lavoratori […]. I 36000 comunardi arrestati erano in pratica un campionario della Parigi popolare e lavoratrice: impiegati l'8%, domestici il 7, piccoli bottegai e simili il 10, ma il resto in schiacciante maggioranza operai — edili, metalmeccanici, manovali semplici, seguiti dagli addetti ai mestieri più tradizionali e specialistici […] che pure fornirono un numero elevatissimo dei suoi quadri direttivi; e, naturalmente, i sempre-radicali calzolai. Ma fu la Comune una rivoluzione socialista? Quasi certamente sì, benché il suo socialismo fosse ancora essenzialmente il sogno prequarantottesco di unità autosufficienti cooperative o corporative di produttori, invocanti però adesso un sistematico e radicale intervento del governo. Le sue realizzazioni pratiche furono molto più modeste, ma non per colpa sua.
La Comune era infatti un regime in stato d'assedio, figlio della guerra e dell'accerchiamento di Parigi e risposta alla capitolazione. […] I due mesi della Comune furono un periodo di guerra pressocché ininterrotta contro le forze soverchianti di Versailles: neppure quindici giorni dopo la sua proclamazione, avvenuta il 18 marzo, essa aveva già perso l'iniziativa. Il 21 maggio il nemico entrò in Parigi, e la settimana conclusiva dimostrò solo che la popolazione lavoratrice parigina sapeva morire coraggiosamente come coraggiosamente era vissuta. I versagliesi lamentarono la perdita di 1100 uomini circa tra morti e dispersi; da parte sua, la Comune aveva fucilato un centinaio di ostaggi. Ma chi sa quanti comunardi furono uccisi durante i combattimenti? È certo che, dopo, ne furono massacrati a migliaia — 17000, secondo Versailles […]. Oltre 43000 vennero fatti prigionieri e 10000 condannati, di cui quasi la metà alla deportazione nella Nuova Caledonia e il resto a pene detentive.
Fu questa la vendetta delle «persone rispettabili». Da allora, un fiume di sangue corse fra gli operai parigini e i loro «migliori sociali». E, da quel giorno, anche i rivoluzionari seppero che cosa li attendeva se non riuscivano a conservare il potere.

Hobsbawm, “Il trionfo della borghesia (1848-1875)”, dal capitolo IX (Cambiare la società).

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