giovedì 8 maggio 2014

Più PIL per tutti (1)

Suppongo che sia una tentazione trattare ogni cosa come se fosse un'incudine, quando il solo strumento che hai è un martello. (Abraham Maslow, "La psicologia della scienza")

Dai a un ragazzino un martello e questo penserà che ogni cosa che incontra debba essere martellata. (Abraham Kaplan, "The Conduct of Inquiry: Methodology for Behavioral Science")

(Cfr. law of the instrument, conosciuta anche come il martello d'oro)

Oggigiorno circolano spesso alcune magiche sigle, parole o espressioni a cui bisognerebbe prestare più attenzione, specialmente quando la loro capacità di spiegare quanto ci circonda (e di guidarci verso una scelta invece che un'altra) rischia di essere istericamente sovrastimata.

In questo post ho trascritto la traduzione di questo articolo, Debt and delusion, di Robert J. Shiller, che tratta fondamentalmente di uno di quegli indici magici che vengono spesso usati in certe analisi economiche (il rapporto debito/PIL annuo), ma più in generale mette in guardia dall'uso "leggero" degli indicatori economici e dalla loro presunta, determinante significatività.


Agli economisti piace parlare di soglie che, se si oltrepassano, vogliono dire guai. Di solito c'è un elemento di verità in ciò che dicono. Ma il pubblico spesso reagisce a discorsi simili in modo spropositato.

Considerate, per esempio, il rapporto debito/PIL, che tanto spesso compare nelle notizie odierne in Europa e negli Stati Uniti. Talvolta viene detto, quasi nello stesso respiro, che il debito della Grecia è pari al 153% del suo PIL annuale e che la Grecia è insolvente. Mettete insieme queste affermazioni con la recente copertura mediatica delle rivolte greche nelle strade. Ora, che cosa sembra?

Qui negli USA, potrebbe sembrare un'immagine del nostro futuro, poiché il debito pubblico USA si avvicina pericolosamente al 100% del PIL annuo e continua a salire. Ma forse questa immagine è un po' troppo vivida nelle nostre fantasie. Non sarà mica che le persone pensano che un paese diventi insolvente quando il debito supera il 100% del PIL?

Ciò, chiaramente, non avrebbe senso. Dopotutto il debito (che è misurato in termini di unità monetaria) e il PIL (che si misura in unità monetaria per unità di tempo) dà un rapporto in unità di tempo. Non c'è nulla di speciale nell'usare l'anno come unità. Un anno è il tempo che la terra impiega per completare la sua orbita intorno al sole e, a parte per le industrie stagionali come l'agricoltura, non ha un particolare significato economico.

Dovremmo ricordarlo dai tempi in cui studiavamo scienze alle superiori: prestate sempre attenzione alle unità di misura. Sbagliate le unità di misura e sarete totalmente istupiditi.

Se gli economisti non avessero l'abitudine di riportare su base annua i dati del PIL trimestrale e non moltiplicassero dunque tale PIL per quattro, il rapporto debito/PIL della Grecia sarebbe quattro volte maggiore di quanto è ora. E se abitualmente considerassero il PIL in decadi, moltiplicando il PIL trimestrale per 40 invece che per 4, il peso del debito pubblico della Grecia sarebbe il 15%. Dal punto di vista della capacità della Grecia di pagare, questa unità sarebbe più rilevante, giacché la Grecia non deve ripagare completamente i suoi debiti in un anno (a meno che la crisi non renda impossibile rifinanziare il debito attuale).

Un po' del debito nazionale greco è posseduto dai greci, tra l'altro. Considerato ciò, il peso del debito tristemente sottovaluta gli obblighi che i greci hanno gli uni con gli altri (più che altro sotto forma di obblighi familiari). In qualunque momento della storia, il rapporto debito/PIL annuale (includente i debiti informali) sarebbe molto più alto del 100%.

Molte persone non ci pensano quando reagiscono ai titoli sulle cifre del rapporto debito/PIL. Davvero sono tanto stupidi da lasciarsi ingannare da quel rapporto? Parlando per esperienza personale, devo dire che sì, possono esserlo, perché pure io, un economista professionista, a volte mi son dovuto impegnare per evitare di fare esattamente lo stesso errore.

Gli economisti che aderiscono ai modelli del mondo delle aspettazioni razionali non lo ammetteranno mai, ma molto di ciò che accade nei mercati è guidato da pura stupidità - o, piuttosto, disattenzione sui fondamentali, ed eccessiva concentrazione sulle storielle che circolano attualmente.

Quello che sta realmente accadendo in Grecia è un meccanismo di retroazione sociale all'opera. Qualcosa ha fatto sì che gli investitori cominciassero a temere che il debito della Grecia avesse un rischio leggermente superiore di eventuale default. La domanda inferiore per il debito greco ha causato il calo del suo prezzo, il che significa incremento del rendimento in termini di tassi di interesse del mercato. I tassi più alti hanno reso più costoso, per la Grecia, rifinanziare il suo debito, causando una crisi fiscale che ha indotto il governo a imporre misure d'austerità, portando ad agitazione pubblica e collasso economico che hanno alimentato ulteriormente lo scetticismo degli investitori sull'abilità della Grecia di pagare gli interessi sul suo debito.

Questa retroazione non ha niente a che fare con il fatto che il rapporto debito/PIL annuale superi una certa soglia, a meno che le persone che contribuiscono a tale retroazione non credano in tale rapporto. Per essere sicuri, il rapporto è un fattore che ci aiuterebbe a valutare i rischi di una retroazione negativa, dal momento che il governo deve rifinanziare il debito a breve termine più presto, e, se la crisi spinge i tassi di interesse verso l'alto, le autorità si trovano, prima o poi, a fronteggiare un'intensa pressione a favore dell'austerità fiscale. Ma il rapporto non è la causa della retroazione.

Un saggio scritto l'anno scorso1 da Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, dal titolo "Crescita ai tempi del debito", è stato largamente citato per le sue analisi di 44 paesi in 200 anni, analisi che hanno trovato che, quando il debito del governo eccede il 90% del PIL, i paesi rallentano la crescita, perdendo circa un punto percentuale sul tasso annuo.

Si potrebbe essere indotti a credere erroneamente che, poiché 90% è terribilmente vicino al 100%, cose brutte cominciano a succedere a quei paesi che affrontano un tale caos. Ma se si legge il saggio attentamente, è chiaro che Reinhart e Rogoff hanno preso la cifra del 90% quasi arbitrariamente. Hanno scelto, senza spiegazione, di dividere i rapporti debito/PIL annuale nelle seguenti categorie: sotto il 30%, tra il 30 e il 60%, tra il 60 e il 90%, e oltre il 90%. E si scopre che i tassi di crescita scendono in tutte queste categorie man mano che il rapporto debito/PIL annuale cresce, solo che ciò accade in modo un po' maggiore nell'ultima categoria.

C'è anche un problema di causalità inversa. I rapporti debito/PIL tendono a crescere per paesi che hanno difficoltà economiche. Se ciò è parte della ragione per cui rapporti debito/PIL più alti corrispondono a crescita economica più bassa, ci sono ancor meno motivi per pensare che i paesi dovrebbero evitare questi rapporti più alti, siccome la teoria keynesiana implica che l'austerità fiscale indebolisca le performance economiche invece di incentivarle.

Il problema fondamentale che gran parte del mondo affronta oggi è che gli investitori reagiscono in modo esagerato ai rapporti debito/PIL, spaventati da qualche soglia magica, e richiedono perciò programmi di austerità fiscale troppo presto. Chiedono ai governi di tagliare le spese2 mentre le loro economie sono ancora vulnerabili. Le famiglie si terrorizzano, così tagliano le loro spese, e il settore degli affari si dissuade dal prendere in prestito per finanziare le spese in conto capitale.

La lezione è semplice: ci dovremmo preoccupare meno dei rapporti e delle soglie del debito, e di più della nostra incapacità di vedere questi indicatori per quel che sono, cioè costrutti artificiali e spesso irrilevanti.

Indicatori imperfetti?

Mentre i policymaker, gli accademici e gli investitori fanno i conti con l'economia globale post crisi, l'enfasi prevalente sui diversi indicatori economici e politici, o meglio, la reale rilevanza di questi, è stata messa in discussione. Se alcuni di questi, o addirittura tutti, sono ora obsoleti, da cosa dovrebbero essere rimpiazzati?


Un paio di commenti

Mi piace l'approccio non ortodosso di Shiller. Ma si sbaglia su un punto fondamentale: non contiamo i debiti in PIL annuale perché il nostro modo di pensare è "in anni", ma perché l'interesse si capitalizza dopo 365 giorni. Perciò un anno ha un significato economico particolare. [...] (Nota 1)

Questo è irrilevante per il discorso di Shiller. Non solo, ma il fatto che gli interessi si capitalizzino dopo 365 giorni è una scelta del tutto arbitraria.

Non capisco affatto. Sì, il rapporto debito/PIL annuo è un'unità di tempo, quindi un rapporto del 150% significa in effetti 1.5 anni. Ma c'è una interpretazione naturale: ci vogliono 1.5 anni affinché l'economia produca sufficiente output per ripagare l'intero debito. E, dati i limiti che esistono sulla capacità del governo di un appropriato output, è facile vedere perché numeri maggiori sarebbero cattivi.

Shiller non nega ciò, ma tenta di fare luce sul perverso rapporto psicologico con un indicatore che non dice, in questo caso, niente altro che quello, e cioè che l'output necessario per ripagare il debito (ammesso che sia tutto destinato a questo) verrebbe prodotto in 1.5 anni. Shiller sottolinea che nessuno richiede che la nazione debba ripagare il debito in meno di un anno, sicché, se si considera un periodo di 10 anni per ripagare il debito, si vede che questo obiettivo è raggiunto in solo 1.5 anni, cioè praticamente subito; e allora possiamo concludere che l'economia è sana quanto basta per pagare il debito comodamente in 10 anni. Invece, la storiella è che un debito/PIL annuo al 150% sia tanto cattivo da dover mettere in atto delle tremende contromisure (sbagliate secondo le dottrine keynesiane, perché non possono che aggravare la situazione).

E l'argomento sul come il rapporto del debito sarebbe 4 volte maggiore se usassimo il PIL trimestrale è sbagliato. Se usassimo dati trimestrali, il rapporto del debito dell'esempio di sopra sarebbe 6/4, e se usassimo dati mensili sarebbe di 18 mesi. E' esattamente la stessa cosa. (Nota 2)

L'argomento di Shiller è invece giusto. Se T è il PIL al trimestre, e 4T quello annuale, il numero del rapporto è D/4T. E' banalmente vero che quel "numeretto magico" sarebbe quattro volte maggiore se si considerasse il PIL trimestrale e si calcolasse D/T. Di nuovo, il punto principale del post è stato mancato e non si nota che il debito è invariato, mentre il PIL, considerando ora un periodo, ora un altro, cambia e di conseguenza cambia quel numeretto magico. Invece di 150%, avremmo 600%, e questo numero terrorizzerebbe al punto da far fallire realmente la nazione che dichiarasse tale rapporto. Al contrario, se si considerasse il PIL prodotto in 10 anni (facendo ovviamente una proiezione), il rapporto D/40T sarebbe molto più piccolo (dieci volte inferiore, cioè il 15%) e il valore numerico di tale indicatore non desterebbe preoccupazioni.


  1. L'articolo è del 2011, quindi fa riferimento al 2010.

  2. «Gli investitori [...] richiedono perciò programmi di austerità fiscale [...] Chiedono ai governi di tagliare le spese [...]». Si noti qui l'implicito assunto che gli investitori abbiano il potere di imporre ai governi programmi di austerità e tagli alle spese...

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